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Codici e metodologia teorica della danza e della musica nelle forme di spettacolo antiche

Codici e metodologia teorica della danza e della musica nelle forme di spettacolo antiche

L’elemento di codifica che un tempo risultava il cuore pulsante della metodologia teorica del comparto danziario, è ancora oggi uno degli elementi chiave della danza contemporanea (non intesa come stile di vita ma come tutte le danze oggi esistenti). 

Nessun tipo di danza è possibilmente tramandabile senza un tipo di settaggio di codici corrispondenti.

Già nell’antichità la codifica dei vari generi musicali esistenti e varie ed eventuali psicologie appartenenti ad essi, sono riuscite a spingersi nelle generazioni future anche attraverso la trattatistica medievale ed i metodi ecclesiastici (il medioevo ad esempio non è da ricordare solamente come un’epoca cupa, la chiesa anche se in una posizione scomoda rispetto alle rappresentazioni di arte libera, lasciava sì che le Corti intrattenessero il popolo con innumerevoli eventi a favore di musica e danza, grazie alla presenza di molti artisti itineranti: cantastorie, musicisti, danzatori, acrobati, ecc.).

Tutto questo tramandare è giunto sino alla musica contemporanea e moderna, che possiede un proprio sistema tonale caratterizzato da un modo maggiore ed uno minore:

  • modo maggiore: indica un tipo di repertorio di musica basato su un sistema inclusivo, aperto e festoso che rappresenta la gioia.
  • modo minore: rappresenta un sistema che presta molta attenzione alla malinconia ed alla drammaticità, le quali sono sonoricamente più percepibili dal pubblico occidentale; nel suo interno è presente e si è conservato nel tempo il tipico modo armonico (che è piuttosto una vera e propria variante del minore), derivante con molta probabilità dal genere enarmonico di origine orientale appartenente all’antico sistema.

Anche la commedia è una evoluzione di un sistema preesistente all’interno di quello antico Greco, che possiamo osservare parallelamente ai canti e alle danze drammatiche da tragedia; la terza forma di spettacolo di dramma e di commedia satirica, è la base solida dalla quale poi nasceranno il “kommo” (una sorta di canto funebre con cori e recitazione) e “l’embòlimon” (un antenato precursore del Teatro d’Opera moderna in chiave di canto).

Tutte queste tipologie di rappresentazioni musicali, venivano ovviamente collegate fra loro e rese vivide grazie alla componente narrativa, vale a dire l’essenza del contenuto dell’opera, che anche ai primordi della concezione teatrale, era quella cosa che riusciva a regalare allo spettatore, stati d’animo e la giusta e performante interazione.

Questa grande voglia di trasmissione diretta di emozioni (come: tristezza, gioia, malinconia o divertimento), carattere dei personaggi, proiezioni di ogni sorta, anche psicologica, è ciò che ha tenuto viva l’intenzione rappresentativa e che ha col tempo, reso possibile, una profonda necessità nel voler evolvere l’aspetto musicale.

A questo punto se i danzatori in alcuni casi storici rimasero per varie dinamiche tecniche o politiche, su un piano dilettantistico e poco professionale, allora toccava ai musicisti riuscire a trasportare il livello dell’intrattenimento ad un piano superiore, divenendo professionisti canori e utilizzatori di innovativi strumenti musicali come: lo strumento a corde della “lira”, oppure lo strumento “aulòs” (un flauto doppio) o i primi organi idraulici.

Mentre per quanto riguardava il comparto percussivo vi erano: una forma antropomorfa di nacchere conosciuta come “krotali” ed infine i primi “timpani” ancora oggi utilizzati (in forma totalmente differente).